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Articolo riportato integralmente dal sito LaStampa.it del 5 marzo 2008.
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Il cachemire di Ulzio
Primo allevamento italiano per la produzione di maglioni pregiati
Di Bruno Ventavoli, inviato a Sauze d'Oulx (Torino)
Cachemire di Oulx. Fantasartoria? Ossimoro? Niente affatto. E’ un progetto imprenditoriale solido e serissimo, con tanto di marchio registrato, che sta per nascere grazie a una ex giovane giurista di 33 anni. Katiusha Balansino, dopo la laurea, era pronta a sostenere l’esame da magistrato perché voleva fare la pm. Ma quando ha scoperto quelle capre dal pelo vellutato ha deciso che era meglio dedicarsi a loro, piuttosto che calcare le dolenti aule tribunalizie. E così sta creando il primo, grande allevamento d’Italia che produrrà lana di cachemire. E poi la trasformerà in maglioni. Non nelle valle sperdute dell’Oriente Estremo. Ma proprio lì, in val di Susa, ai margini del Gran Bosco.
Le capre da cachemire sono originarie della zona oggi contesa tra Pakistan e India. Ma poi sono andate in diaspora altrove. Oggi pascolano in Tibet, Mongolia, Iran e soprattutto in Cina. E poi, grazie alla solida tradizione pastorale anglosassone, in Scozia, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Si trovano bene a temperature basse e quote alte. Più fa freddo e più il loro pelo diventa soffice. Temperature e vento sferzante, intorno ai meno trenta, sono per loro il paradiso. La lana è una una delle più pregiate e care al mondo. Eppure in Italia, nonostante i pascoli montani non manchino (e nonostante sia roba da «larghe intese, amata sia dall’intellighenzia di sinistra sia dall’elettore del Pdl), gli animali da cachemire non hanno mai attecchito. Il primo e unico allevamento nostrano finora conosciuto si trova nel Chianti, e l’ha inventato una decina d’anni fa una signora americana, Nora Kravis. Ma la popolazione totale, in tutta la Penisola, ammonta a poche centinaia di individui.
Come mai questa assenza? «Probabilmente perché dal punto di vista economico allevare greggi da cachemire è un’impresa lunga e faticosa - dice Katiusha Balansino -. Prima che l’investimento diventi redditizio occorre pazientare parecchio». Il cachemire è prezioso. Ma un animaletto, di lana, ne produce poca. Circa 150-200 grammi all’anno (più o meno un maglione). Sul mercato all’ingrosso un kg vale intorno ai 200 euro. Per poter quindi avere un discreto margine economico occorre possedere greggi dai 500 capi in su. Cosa finora mai accaduta nel nostro Paese, perché una capra da cachemire costa cara (800 euro circa contro il centinaio di una normale) è anche perché non è facile trovarle.
«La Cina vieta l’esportazione degli animali - dice Katiusha -. E anche la lana, preferisce trasformarla direttamente in maglioni piuttosto che esportarla. La materia prima, quindi, diventa sempre più scarsa e preziosa». Katiusha ha deciso di lanciarsi nella morbida avventura innanzitutto per amore. «Basta qualche settimana per capire che sono animali socievoli, affettuosi. Adorano farsi pettinare e coccolare. Sono anche intelligenti... nulla di più sbagliato che dire “sei stupido come una capra”. ». Ad Arona, dove vive, Katiusha ha cominciato a cullare l’idea imprenditoriale. Ha comprato nel Chianti le prime dodici femmine e un maschio. «Ora sono gravide, il mio piccolo gregge si triplicherà nel giro di un mese. Bisogna stare però attenti alla linea di sangue, perché se si incrociano troppo si perde il valore delle fibre».
Quando il gruppo sarà più numeroso, entro l’estate, verranno trasferite nel Kashmir della Val di Susa. A Oulx. Lì ci sono condizioni ambientali ideali. Grande disponibilità dell’amministrazione locale che fornisce una stalla coperta, e pascoli in quota d’estate. A guardare gli animali, ci saranno pastori italiani e romeni di Transilvania. Per custodirli dai predatori, ci saranno invece asini, asini di Pantelleria, i più volonterosi e coriacei avversari dei lupi affamati.
DAL TIBET
L’origine
Le capre da cachemire nascono nell’omonima regione contesa tra India e Pakistan. Ma i maggiori allevamenti si trovano oggi in Cina, Mongolia, Tibet. E, in Occidente, in Scozia, Nuova Zelanda, Stati Uniti.
La tosatura
In primavera, i tosatori muniti di pettini prelevano la lanugine che si è formata nel sottopelo per proteggere gli animali dal freddo durante l’inverno.
L’adattabilità
Sono animali che si adattano facilmente. Mangiano ciò che trovano. E sono degli ottimi «spazzini»: quando pascolano ripuliscono perfettamente pendii e sottoboschi.